martedì 28 luglio 2009

L'ITALIANO (BUENOS AIRES) INTERVISTA ESCLUSIVA A LICIO GELLI di Simone Nastasi


L'ITALIANO (BUENOS  AIRES) INTERVISTA ESCLUSIVA A LICIO GELLI  di Simone Nastasi

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“ Fui io ad organizzare il ritorno di Peron”
“Che Berlusconi facesse parte della P2 l'ho appreso dai giornali”
“Il voto degli italiani all’estero è nullo. Gli italiani che si recano all'estero, e decidono di farlo, hanno i loro motivi. Decidono di cambiare. Che lo facciano. Ma che si adeguino ai cambiamenti, senza pretendere troppo in cambio”
La storia di Licio Gelli è nota. I diversi ruoli che ha rivestito lo hanno portato da ufficiale di guerra fino alla scalata della Massoneria, alla guida della loggia “P2”.  Con il potere anche le accuse, in particolare,  di essere al centro di molti episodi oscuri della storia italiana. Alla fine molti capi di imputazione, tra proscioglimenti ed assoluzioni, cadranno. Resterà invece la condanna per calunnia internazionale e depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna. L'intervista che accetta di rilasciare a L’Italiano ha però come argomento chiave la sua partecipazione al rientro del generale argentino Juan Domingo Peron. Nel 1973 infatti, Peron poté rientrare in Argentina, dal suo esilio in Spagna, proprio grazie al piano organizzato da Licio Gelli. Pensare di parlare con un uomo come lui, potrebbe sembrare fin troppo impegnativo, se non altro per quell'alone di mistero  che, per tanto tempo, ha accompagnato la sua esistenza. Oggi a distanza di anni, l'ex maestro Venerabile della Loggia “P2” torna a parlare di quella vicenda, il rimpatrio di Peron. L'età, novant'anni compiuti, non sembra voler scalfire la tempra e l'assoluta lucidità di un uomo che rappresenta ancora oggi un testimone importante del dopoguerra repubblicano. L'aria gentile e i modi garbati, non sono quelli del personaggio descritto a tinte oscure in seguito a tutte le sue vicissitudini. Rivelano invece un lato della sua personalità, probabilmente ignoto all'opinione pubblica, che, nei casi come il suo, finiscono sempre per divenire secondari. Il sorriso che accompagna le risposte appare come un segnale di cordialità attraverso il quale  mettere a proprio agio il suo interpolatore. I fatti narrati,  diventano così motivo di conversazione, attraverso la quale ripercorrere alcuni tratti peculiari di storia novecentesca. 

Vuole spiegarci, Signor Gelli, quale è stato il suo ruolo nel rimpatrio di Juan Domingo Peron in Argentina?

E' stato il mio primo ruolo. Il ritorno l'ho organizzato io. Nelle visite a Buenos Aires, erano incontri per organizzare il suo ritorno. Ebbi infatti un colloquio con l'allora Presidente argentino Lanus, accompagnato dal Generale Viola Edoardo, Capo di Stato Maggiore, e da me iscritto alla Loggia Massonica P2. Nel tempo, Viola, mi aveva presentato anche l'Ammiraglio Emilio Massera, capo della Marina, affinchè potessi avere un incontro con il Presidente. Chiaramente ci fu in tutto questo l'avallo del Gran Maestro Cesar de la Vega, della Massoneria argentina, e del suo segretario Plata. Dovetti convincere prima di tutto loro, perchè non volevano il rimpatrio di Peron. Ricordo una notte di colloqui, nell'allora sede della Massoneria argentina, in Avenida Cangaglio, oggi Avenida Peron, per convincere la Massoneria, della bontà dell'azione. I membri della Massoneria, i migliori si intende, sarebbero stati investiti di alti incarichi. Ogni  volta avevo che avevo un incontro, mi recavo così a Madrid, dove Peron era in esilio.

Quale doveva essere il piano preciso? In che modo sarebbe stata agevolato il rientro di Peron?
Bisognava convincere Lanus a dare le dimissioni. Le elezioni che sarebbero state indette successivamente sarebbero state preparate per permettere la vittoria del dottor Campora. Con Campora al potere il rimpatrio di Peron sarebbe stato agevolato. Il ritorno di Peron avvenne con Lastiri al potere.

Perchè eravate così intenzionati al rientro di Peron?

Perchè eravamo convinti che il suo rientro fosse necessario. Peron avrebbe ben governato l'Argentina.”

Quando avvenne di preciso ?
Nel Giugno del 1973. Partimmo da Madrid salutati dal Generalissimo Francisco Franco. La mattina partimmo molto presto, alle sei, e ad ogni angolo del percorso c'era un ufficiale della Guardia Civil. Quando arrivammo all'aeroporto, eravamo attesi da Franco, che per l'occasione volle essere presente. Ci salutò, e si ricordò stringendomi la mano, di quando venni decorato da lui stesso durante la Guerra Civile di Spagna.”

Del rientro di Peron si è detto. E' noto che Peron guardasse con benevolenza e ammirazione la penisola italiana. Quali erano allora i rapporti tra lui e l'Italia?

Erano ottimi. Una motivazione è rintracciabile prima di tutto nella realtà demografica. In Argentina la colonia italiana è numerosissima. La più grande al mondo. Se si sfoglia un elenco telefonico argentino, sembra di avere tra le mani un elenco italiano.

Lei ha utilizzato il termine “colonia”. Prima di lei, anche un noto professore universitario, intervistato su queste pagine, ha utilizzato la stessa parola. Anche secondo lei gli italiani sono dei coloni?

No, nella maniera più assoluta. Gli italiani sono stati coloni in Libia. Quando vennero trasferite ventimila famiglie. Mussolini fece costruire ventimila case prefabbricate, con tanto di appezzamenti. Le coltivazioni avrebbero fornito all'Italia,ingenti quantitativi di grano. Con quel grano l'Italia, avrebbe potuto essere non dico il granaio dell'Europa, ma almeno dell'Italia. La maggior parte erano contadini del veneto. Grazie alle bonifiche, all'opera di irrogazione, del governo italiano, venne trasformato il deserto in terreno fertile. Nel tempo Gheddafi ha preteso risarcimenti, approfittando della debolezza dei vari governi italiani. Dovrebbe ricordarsi, che è proprio grazie all'Italia, che in Libia sono state costruite infrastrutture, e si è elevato il tasso di alfabetizzazione. Ultimamente poi Berlusconi ha voluto continuare nel costruire la famosa autostrada, impegnandosi in termini finanziari, quando all'Italia mancano i soldi.

Vogliamo, a questo punto, dopo questa piccola digressione sulla Libia, continuare a parlare dei rapporti storici tra l'Italia e l'Argentina, al tempo di Peron?
Le ho già detto della presenza italiana. Ma poi sono anche da sottolineare altri aspetti. In Argentina, si parlava e si parla ancora lo spagnolo, lingua molto simile all'italiano. Poi l'Argentina, è molto ricca. Peron diceva sempre che il pesce in Argentina moriva di vecchiaia. C'erano poi tante cose da fare. Il Paese era considerato molto arretrato. Ricordo quando, dopo la fine della Repubblica Sociale, il ministro Pellegrini, fuggì in Argentina, costruì la cittadina di Campana, poi lasciata ai figli, dove ancora si produce.

In molti dopo la guerra fuggirono in Argentina, quindi. 

Molti gerarchi giunsero in Argentina. Ricordo che venne un personaggio politico a proporre   passaporti destinati a coloro che volevano fuggire.

Quanti sono partiti per l'Argentina, per motivi politici e non, hanno ricominciato una nuova vita, contribuendo allo sviluppo produttivo del Paese. Ci vuole fornire, allora, qualche esempio?
Per esempio Pellegrini ha fondato Campana, dove ancora si produce. C' è stato chi invece si è occupato e si occupa di petrolio. O anche di industrie come quelle calzaturiere, e vinicole. Per esempio l'azienda Bianchi, produce un vino di ottima qualità, esportatrice in tutto il mondo. Ma non solo, anche carne in scatola e altri generi alimentari.”

La Comunità italiana è stata molto attiva in Argentina. Oggi però, molti che emigrano all'estero decidono di farlo, per diversi motivi. Parlando con alcuni di loro alla Conferenza Mondiale tenutasi  a Roma presso la sede della FAO, alcuni di loro mi hanno esternato la percezione di sentirsi abbandonati. Perché, secondo lei ?
Ritengo, a mio modo di vedere, che la motivazione possa essere ricercata in alcune cause, tutte legate all'attualità. Per esempio, la prima, è data dall'assenza dei militari al potere. I militari, pochi lo dicono, erano esperti di economia. Poi ci sono i sindacati, l'azione dei quali, non sempre è fruttifera, anzi. Sono stato per anni direttore della Permaflex, dovevo gestire migliaia di dipendenti, e di conseguenza ho avuto a che fare con i Sindacati e la loro azione.

Scusi, lei mi parla dei Sindacati, prima ancora dei militari al potere. Quale è il nesso tra essi e i giovani che si trasferiscono all'estero, e lo stato di abbandono in cui essi, i giovani, dicono di essere?

Prima di tutto i militari sono garanzia di disciplina e gerarchia. Oggi i giovani non lavorano, non studiano, anche perchè sono male insegnati. Nel mio lavoro di direzione, io ero severo, ma assolutamente umano. La risposta che cercavo di fornire agli operai, è stata nel corso del tempo, posso affermare con certezza, soddisfacente. Generalmente gli operai, uscivano soddisfatti dai colloqui con il sottoscritto. A questo proposito vorrei raccontarle  una cosa.

Mi dica
Capitava che in azienda gli operai avessero bisogno di prestiti, che venivano elargiti a costo zero,sulla base però di alcune condizioni. Se per esempio, giungeva un lavoratore che voleva ottenere denaro in prestito, per dei lussi, come una macchina costosa, la risposta fornita di solito era “mi dispiace ma non posso farlo”. Ma se al contrario, i soldi dovevano servire per strumenti di lavoro, o di sostentamento, la porta era sempre aperta. Quando sono andato via, perseguitato anche dal punto di vista giudiziario, le strade vennero riempite con scritte invocanti il mio ritorno. E questo sono in tanti a poterlo confermare.

Abbiamo introdotto il discorso sui giovani che emigrano all'estero. Da anni grazie alla “legge Tremaglia” possono partecipare alle tornate elettorali politiche, pur risiedendo fuori dal territorio nazionale. Come giudica quindi il diritto di voto per gli italiani all'estero?
Nullo. Il voto è nullo. Gli italiani che si recano all'estero, e decidono di farlo, hanno i loro motivi. Decidono di cambiare. Che lo facciano. Ma che si adeguino ai cambiamenti, senza pretendere troppo in cambio.

Dall'estero all'Italia, ragionando sulla politica attuale. Il suo nome è stato molte volte accostato a Silvio Berlusconi, che secondo alcuni vorrebbe attuare il suo “Piano di Rinascita nazionale”. Come giudica la cosa?
Che Berlusconi facesse parte della P2 l'ho appreso dai giornali. Ma ci tengo a spiegare una cosa..

Prego…
Il piano Rinascita, leggendolo attentamente, prevedeva alcune varianti, giudicate in maniera positiva, da molte amministrazioni. Non solo attuali. Io sono stato e sono tutt'ora un presidenzialista, Di presidenzialismo, in Italia, si parla da molto tempo, già dalla Seconda Guerra Mondiale. Per quanto riguarda la separazione delle carriere nella magistratura, lo ripeto, sono d'accordo. Per un'esatta affermazione della giustizia, organo requirente e organo giudicante devono essere avversari, non complici. É sul contradditorio, accusa e difesa, che si costruisce la giustizia. Nel Piano era stato previsto anche un controllo psichiatrico costante, anche per i membri della magistratura. In ambito costituzionale poi, nel Piano era prevista la presenza  di dieci giuristi che avrebbero dovuto occuparsi, solo di Costituzione.

Senta Gelli, parlando, lei ha accennato ai suoi problemi giudiziari. Definendoli “persecuzioni”. Perchè? E poi perchè  queste persecuzioni sarebbero avvenute?

Perchè la P2 dava fastidio. Soprattutto ai comunisti. D'altronde è risaputo, che non avremmo mai permesso che i comunisti arrivassero al potere. I tempi storici non lo permettevano. C'era chi mi diceva, durante i processi, che le accuse contro di me, venivano formulate nelle stanze del Partito Comunista.

Lei ha accennato al momento storico, in cui la P2 si è affermata. Erano gli anni del bipolarismo, Est- Ovest. A questo punto, mi consenta un 'ultima domanda. Se non ci fosse stata la Conferenza di Yalta, nel 1945, in seguito alla quale americani e sovietici si spartirono il mondo, sarebbe mai esistita la P2?
Certamente. La P2 nasce alla fine del 1800. A me consegnarono le chiavi, alcuni anni dopo la fine della guerra, quando i membri erano circa una quindicina. La Loggia P2 esisteva già.
Simone Nastasi